È un progetto rivolto a minori con difficoltà scolastiche, socio-relazionali e comportamentali. Uno spazio di aggregazione e di confronto, che si basa sulla dimensione del gruppo. Lo scopo di Questa casa non è un albergo è quello di accompagnare e sostenere i ragazzi e le ragazze nell’affrontare le difficoltà evolutive proprie del periodo adolescenziale attraverso il loro inserimento in un contesto di solidarietà, di aiuto e di utilità sociale. Questo vuol dire proporre loro un modello positivo di impegno attivo e partecipato, utile a potenziare la propria autostima e il senso di autoefficacia oltre che a offrire loro uno spazio accogliente dove potersi impegnare nel proprio tempo libero.
«Prendere parte a questa esperienza – racconta Elisabetta, 17 anni – mi ha insegnato a vivere le dinamiche di gruppo e a condividere le emozioni con altre persone. A gioire con altre persone. Quando il progetto cominciò, eravamo dieci ragazze e ragazzi che discutevano. Oggi siamo dieci amici. Appena arriviamo in sede, se serve, diamo una mano nella realizzazione delle attività dell’Humanitas, poi facciamo i compiti che ci hanno assegnato a scuola per casa. Chi è più bravo in una materia cerca di aiutare gli altri che hanno delle difficoltà. In questo modo non rimane indietro nessuno. Quando tutti abbiamo finito i compiti, decidiamo se fare giochi di società oppure guardare un film. Che non sono mai scelti a caso. Sono film sempre molto attinenti con le attività da fare o con quelle da programmare».
Le attività implementate durante gli incontri del progetto possono variare a seconda delle esigenze dei ragazzi e del gruppo. E possono essere tante: studio guidato, formazione e orientamento al mondo, filmografia, corso Bls, corso Haccp, laboratorio video, pet therapy, laboratorio danza, educazione alimentare, educazione sessuale e ovviamente collaborazione e supporto nelle attività e iniziative svolte dalla P.A. Humanitas.
Tutte le attività sono proposte e programmate per creare un gruppo coeso, che favorisca la cooperazione e l’arricchimento reciproco tra i ragazzi partecipanti e il mondo del volontariato. E, soprattutto, per favorire la crescita personale e il potenziamento delle singole capacità.
Il percorso dei ragazzi è monitorato mensilmente, in modo da poter tenere sotto controllo la situazione di ogni singolo partecipante.
«Dare senza ricevere. È questa – continua Elisabetta – la cosa più importante che ho imparato. Il progetto mi ha cambiata tantissimo e ovviamente in modo positivo. È cambiato il mio approccio nelle cose che faccio tutti i giorni. Ho imparato a dare il giusto peso e il giusto valore a quello che capita intorno a me. Io tre giorni alla settimana sono una fruitrice del progetto. Gli altri due invece seguo i bambini dagli 11 ai 14 anni che prendono parte allo stesso progetto. Li aiutiamo a fare i compiti e li coinvolgiamo in attività di gruppo mirate a sviluppare il loro benessere. Anche per questa attività la P. A. Humanitas è diventata un pilastro della città. Ma soprattutto è diventata un punto di riferimento fondamentale per me».