Fonte: firenze.repubblica.it
Patron della Lucchese calcio, è fra gli indagati per l’inchiesta della guardia di finanza di Firenze per reati fallimentari
Due colpi di pistola esplosi nel piazzale di un’azienda, la Ab Florence di Scandicci, alle porte di Firenze, di cui è fra i responsabili Andrea Bacci, l’imprenditore fiorentino amico della famiglia Renzi. Due colpi di pistola contro la Mercedes dell’imprenditore indagato nell’inchiesta della guardia di finanza per reati fallimentari. Un raid che ha tutta l’aria di essere un messaggio inquietante. I colpi, sparati in pieno giorno hanno centrato i finestrini della vettura mandandoli in frantumi, un proiettile è rimbalzato e ha colpito una finestra della ditta. Sull’auto, parcheggiata nel piazzale dell’azienda, non c’era nessuno (Bacci non era in azienda). All’Ab Florence, azienda di pelletteria, in via delle Nazioni Unite sono arrivati i carabinieri e la scientifica ha eseguito una serie di rilievi. Sulla vicenda la procura diretta da Giuseppe Creazzo ha aperto un fascicolo.
Andrea Bacci è, con altre sei persone, indagato in un’inchiesta della Guardia di finanza. I reati e ipotizzati per i sei che hanno ricevuto l’avviso di garanzia sono, a vario titolo, quelli di false fatture e ricorso abusivo al credito. Bacci è finito nel fascicolo come amministratore di un’altra società, la Coam di Rignano, una società di costruzioni che è in procedura fallimentare. Bacci è stato perquisito dalla Guardia di Finanza il 10 gennaio scorso nell’ambito di un’articolata inchiesta della procura in materia economica, creditizia e fiscale.
L’imprenditore, patron della Lucchese calcio, è un vecchio amico dell’ex premier Matteo Renzi che, quando era presidente della Provincia di Firenze lo nominò nel cda di Mukki, la centrale del latte fiorentina e poi, da sindaco, lo fece presidente della Silfi, la società dell’illuminazione pubblica di Firenze. L’imprenditore è il partner del gruppo Nikila invest, che sta ristrutturando il vecchio Teatro Comunale. A sua volta, la Nikila aveva una partecipazione del 40 per cento nella Party, società che faceva capo a Tiziano Renzi, il padre dell’ex premier.